Friday, October 31, 2008

Lavoro straniero e PIL

Che il PIL non crescesse ce ne eravamo accorti tutti. Ieri ad Annozero, il prof. Tito Boeri lo ha ribadito: il PIL non non e' cresciuto negli ultimi 10 anni. Ma i posti di lavoro sono aumentati. Com'e' possibile? La risposta e' semplice: sono tutti precari (4,5 milioni di lavoratori precari ad oggi). 

O per dirla alla Beppe Grillo: il lavoro non c'e' e semplicemente si e' diviso quello che c'era tra piu' persone attraverso la selva di contratti-truffa.

Tuttavia, ho letto anche che i lavoratori stranieri producono il 9% del PIL (4 milioni e passa quelli regolari o regolarizzati) . Vabbe' che lo dice la Caritas, ma se il PIL non cresce e ciononostante la quota prodotta dal lavoro straniero aumenta, mi sa che e' una conferma del fatto che tolgano lavoro agli Italiani. Sarebbe interessante sapere in quali settori dell'economia siano maggiormente attivi ma tant'e'.

O devo supporre che il 9% del PIL sia rappresentantivo della solita solfa riguardo "i lavori che gli italiani non vogliono piu' fare"?

Thursday, October 30, 2008

La protesta ad hoc

(da Corriere.it)
Strano che ora che si taglia alla scuola la protesta monti in questo modo: per il DDL Alfano non e' stato fatto lo stesso rumore. Anzi il PD ha deciso di fare la guerra a Di Pietro per la sua decisione di ricorrere al referendum per abolire la porcata. 

O meglio: non e' strano perche' ancora una volta siamo dinanzi al caso "fatti gli affari tuoi basta che non rompi i miei": Silvio puo' sodomizzare la Costituzione con il beneplacito dell'opposizione veltroniana ma non puo' tagliare i fondi alla scuola perche' rompe le uova nel paniere agli stipendiati del para-Stato. Per di piu' il referendum promosso da Walterloo ha anche una spada di damocle pendente.

Certo che questa volta ha fatto il passo piu' lungo della gamba: tagliare indiscriminatamente i fondi all'istruzione senza contemporaneamente nessuna riforma del sistema di reclutamento (ossia, contro le baronie) e' veramente follia, o nella migliore delle ipotesi, sciocco. 

Follia perche' il nostro dovrebbe essere un Paese che compete per il suo know-how, insomma per la qualita' della conoscenza che si traduce in progresso economico e civile, e che quindi ha tutto l'interesse ad avere un sistema dell'istruzione di prima scelta, efficiente, meritocratico e ben finanziato. A meno che Silvio & pupi assortiti non pensino di farci competere sul campo della manufattura a bassa intensita' tecnologica, vista la battaglia contro la politica energetica e anti-emissioni nocive della UE.

Sciocco perche' non puoi pensare di mettere sulla strada decine di migliaia di persone per motivi di bilancio dopo che hai dato miliardi ai capitani coraggiosi, alle banche e garantito 7 anni di salvezza ai dipendenti ex-Alitalia, pretendendo di essere riconosciuto nel giusto.  Sicuramente non bastera' la Carfagna a fare le televendite per suo conto per migliorare la situazione. 

Certo visti i suoi amici (Bush, Putin e il kazako) non mi meraviglierebbe se fossimo dinanzi all'ennesimo caso del tiranno vecchio affetto da senilita' a dispetto del restyling.

Wednesday, October 22, 2008

Kyoto ed il costo economico del Pianeta


Ieri a Ballaro' si e' parlato anche dei costi per il nostro Paese (solo per il nostro?) dell'applicazione del Protocollo di Kyoto. Castelli se ne e' uscito con un'affermazione del tipo "Cina e India che non lo hanno firmato" e quindi le loro aziende sono molto piu' competitive di quelle italiane. 
L'India e la Cina, che hanno ratificato il protocollo, non sono tenute a ridurre le emissioni di anidride carbonica nel quadro del presente accordo, nonostante la loro popolazione relativamente grande. Cina, India e altri paesi in via di sviluppo sono stati esonerati dagli obblighi del protocollo di Kyoto perché essi non sono stati tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra durante il periodo di industrializzazione che si crede stia provocando oggi il cambiamento climatico.
Questo perche',  ovviamente, dopo vent'anni che si parla del secolo cinese e indiano e che bisogna puntare sull'innovazione e la ricerca invece che sulle produzioni a basso contenuto tecnologico, il nostro sistema produttivo e' al palo. Ossia: dal 1997 (anno della firma) ad oggi (11 anni!) non solo il nostro Paese non ha mantenuto gli impegni ma pretende, vista l'emergenza (notato che ritorna sempre?) economica, che l'Unione Europea non renda operativi gli accordi tramite il famoso 20 / 20 / 20 (e che quindi l'Italia venga, tanto per cambiare, multata di nuovo per l'ennesima inadempienza).

L'accordo di Kyoto e' stato da noi ratificato nel 2002 ed e' entrato in vigore nel 2005. Ossia in pieno Governo Berlusconi II, che evidentemente pensa che i trattati non siano altro che pezzi di carta: non solo Kyoto non e' stato rispettato ma anzi le emissioni Italiane sono aumentate!
Gli unici che lo hanno firmato ma non applicato sono gli USA:
In principio, il presidente Bill Clinton aveva firmato il Protocollo durante gli ultimi mesi del suo mandato, ma George W. Bush, poco tempo dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, ritirò l'adesione inizialmente sottoscritta.
Ossia, l'amico di Silvio ha tirato fuori gli stessi argomenti (Kyoto costa alle imprese americane) e si e' rifiutato di metterlo in atto. Per di piu' il protocollo e' riconosciuto essere insufficiente (e' stato un compromesso al ribasso e sicuramente un nuovo accordo e' necessario che costringa Cina ed India a mettersi in riga): il punto e' che, se proprio non vogliamo pensare al futuro del pianeta, dobbiamo pensare alle opportunita' economiche di un campo innovativo come quello delle energie (in cui noi avremmo tutto l'interesse a primeggiare). 

Invece difendiamo produzioni vecchie, ancora una volta testimoniando la scarsa capacita' di innovare del sistema delle imprese e l'incapacita' della politica di pensare in grande invece che ridursi ad una lobby di questo o quello (banche, industrie): scegliete voi qual e' la piu' triste.

Insomma:
  • pensiamo di competere con i cinesi sulla manufattura;
  • tagliamo su scuola e ricerca (e quindi pensiamo di dover competere anche in futuro sulla manufattura);
  • stiamo capitanando i paese dell'Est (industrie primitive) contro i partner avanzati della UE (e soprattutto la Spagna che prendera' probabilmente il nostro posto visto che loro nelle Energie investono alla grande: Rubbia non per niente ha costruito li' la prima centrale solare);
  • Firmiamo e ci rimangiamo accordi.
  • Non pensiamo a lungo termine ma solo nell'immediato: quindi difesa ad oltranza delle lobby produttive attuali e chi se ne frega di quello che verra' dopo (Silvio ha 72 anni: stara' pensando che tanto non campera' abbastanza da sorbirsi la fine di tutto?).
Perche' c'e' emergenza. E su questo ci campano grazie ai media servi e all'opposizione flaccida: l'emergenza giustifichera' sempre l'Uomo della Provvidenza nel piegare la legge.

Thursday, October 16, 2008

Passamaneria



Questo post funge piu' da pro-memoria che da altro: serve a ricordare, infatti, alcune delle cose piu' scandalose raccontate nella puntata di Report di domenica scorsa. Colaninno, il primo capitano coraggioso d'Italia, sponsorizzato da D'Alema ai tempi della scalata di Telecom Italia (e sempre in difesa della Italianita'), ed ora chiamato da Silvio a creare la nuova compagnia aerea di bandiera (sempre per patriottismo, naturalmente!) e' stato intervistato dalla Gabanelli.

La Milena che e' Giornalista (di quelli veri, cioe') ha chiesto al Grande Patriota Imprenditore dove fosse scritto che i soci della C.A.I. si sarebbero impegnati a non vendere per 5 anni le loro partecipazioni. "Sullo statuto", la risposta. Al che la Gabanelli che ha lo statuto d'avanti gli fa notare che non c'e' scritto da nessuna parte questo: Colaninno, scandalizzato, fa finta di cercare sullo statuto tale norma certamente presente. La Milena incalza facendogli notare pure che la C.A.I. e' registrata come impresa di passamaneria. Grasse risate dell'interessato.

Tuesday, October 14, 2008

Il costo del lavoro

Vediamo di fare il punto sul mio giro di colloqui sino ad ora ... in generale per gli informatici o contratti a progetto (quindi precarieta') o a tempo indeterminato di tipo metalmeccanico.
Al di la' della equivalenza logica (per gli imprenditori):

informatica : industria = informatico : metalmeccanico

(che e' un fatto riconosciuto) mi sono stati rivelati anche alcune altre informazioni interessanti, che posso riferire senza violare nulla di confindenziale:
  • per Confindustria i singoli lavoratori italiani costano tra i 160 e i 230 euro al giorno (includendo stipendio, assicurazioni varie, fondi pensione, tasse, logistica di supporto come l'amministrazione & C.), mediamente 185 euro.
  • ingegneri indiani super-skillati costano invece 60 euro (quindi meno di un terzo di uno italiano).
Quindi per le aziende che producono software ha senso dare in appalto la realizzazione agli Indiani secondo specifiche di analisi prodotte dagli Italiani. I primi hanno fatto di questa fabbrica informatica un vero business: addirittura si prendono in carico la traduzione dei contratti scritti in lingua italiana e, secondo accordi standard, in caso di controversi fa fede il contratto in italiano. Credo che questo dia il senso dell'India come fabbrica dell'IT rispetto alla Cina come fabbrica di hardware.

In soldoni diventa possibile per le imprese italiane, operare ricarichi impensabili normalmente (nell'ordine del 40%) pur rimanendo estremamente competitivi sul mercato. Inutile dire che nel breve e medio termine questo diventa una specie di miracolo: loro si sgarzettano il bagno di sangue che ogni implementazione comporta e le imprese si intascano guadagni impensabili prima.
Ovviamente, tenere in collegamento questi due mondi distanti (culturalmente, geograficament, temporalmente e e tecnologicamente) e' un problema non da poco: non deve sorprendere quindi che i processi software distribuiti siano uno degli ambiti di ricerca piu' hot del momento.

Ovviamente, nel lungo termine questo significa per l'azienda la perdita di capacita' di produzioni proprie. Quindi? Suicidio? No, trasformazione in fornitore di servizi: ospitare nella propria server farm applicazioni (scritte dagli indiani) per le quali far pagare canoni (di affitto, utilizzo, hosting, ...) ai clienti. Ossia, terziarizzazione dell'industria del software (che gia' non e' che sia chissa' concreto).

Saturday, October 11, 2008

The Fall of the Roman Empire

Il lavoro di Peter Heather, basato sulle ricerche archeologiche più recenti e le teorie economiche e politiche più moderne affronta uno dei dilemmi più affascinanti: come mai è caduto l'Impero Romano? Era inevitabile? Quali le cause?

Sino ad oggi vi erano due visioni:
  • una ideologico-morale, ispirata da Gibbon, in cui (in sintesi) si sostiene che l'Impero si era corrotto moralmente e che il cristianesimo aveva reso i romani delle pappemolli incapaci di resistere alla grinta dei barbari.
  • una economico-sociale, secondo la quale la caduta era dovuta all'estrema imposizione fiscale della burocrazia e dell'esercito che, togliendo il pane di bocca ai contadini (l'economia era fondamentalmente basata sull'agricoltura), ha provocato l'impoverimento generale dei lavoratori, con conseguente riduzione della popolazione, aumento dell'inflazione e quindi rendendo insostenibile reggere il sistema (per di piu' incapace di progredire vista l'essenzialita' della schiavitù).
Heather sfata tutti queste assunzioni. L'economia era florida o quantomeno non c'è alcuna prova che si sia impoverita nel V secolo D.C.: anzi, le prove archeologiche segnalano tutt'altro. Dopotutto, è caduto l'Impero d'Occidente ma non quello d'Oriente, nonostante fossero organizzati allo stesso modo.

Esiste, invece, un intreccio di cause. interne che esterne:
  1. La nascita della super-potenza Sasanide in Oriente, capace di tenere testa al sistema Romano e che costringe l'Impero ad un impegno massiccio e costante nel tempo in Oriente.
  2. Il progredire dei Germani, che nel IV/V secolo D.C. erano ben diversi da quelli del I secolo, incontrati da Cesare e Ottaviano: le miriadi di Tribù cedono il posto a super-gruppi molto più capaci di resistere alle pressioni romane. Lo stesso Impero, insomma, provoca una unificazione e consolidamento dell'universo Germanico d'oltre confine.
  3. La "romanizzazione" dei barbari, che pur non entrando a far parte del sistema politico romano, ne erano comunque indirettamente coinvolti come mercenari o attraverso il commercio.
Vi erano poi motivi interni del sistema del politico romano:
  1. L'assorbimento delle elite provinciali nella burocrazia imperiale e quindi conseguente centralizzazione di tutto l'apparato di governo che però si deve scontrare con l'arretratezza del sistema di comunicazioni con conseguente lentezza di reazione nei momenti di crisi.
  2. Di più: la necessità di creare nuovi centri di potere per soddisfare gli appetiti di questo nuovo gruppo di burocrati ed impedire che sobbillassero nell'ombra (la suddivisione dell'Impero quindi non solo come qualcosa di necessario per l'effecienza ma proprio per soddisfare "la sete di posti" delle elite)
  3. Non dimentichiamo che il tardo Impero ha tutti i connotati di un sistema politico a partito unico: tutto l'aspetto pubblico deve proclamare un senso di unità e di perfezione del sistema. Le differenze (le lotte che divenivano intrighi) si svolgevano dietro le quinte mentre sul palco era presente un Ordine Divino.
  4. Un sistema costituzionale che regolasse la successione era assente: alla morte di un Imperatore si verificava di solito una guerra civile che provocava vuoti di potere di cui potevano approfittare gli elementi esterni. Un'approccio dinastico non risolveva il problema, visto che spesso salivano al trono giovinetti che rimanevano in balia di tutori (come Flavio Costanzio o Ezio) che dovevano poi vedersela con i loro avversari.
Tuttavia, l'edificio si manteneva. Dalla seconda metà del IV secolo, però, arrivano gli Unni che accelerano il processo di agglomerazione dei Germani e portano ad una concentrazione di nemici alle porte dell'Impero, cosa che la tradizionale politica romana aveva sempre cercato di evitare. Nel 376 -380 prima i con i Goti e poi nel 402-408 con Vandali e Visigoti, l'Impero è costretto ad accettare entro i suoi confini entità autonome: la perdita di rendita è tale da impedire la ricostruzione dell'esercito (che pesava per oltre la metà del bilancio imperiale) che possa riconquistare il territorio perduto.
Le elite romane erano essenzialmente formate da possidenti terrieri: vivevano, cioè, di rendita dei loro grandi latifondi. Era quindi "normale" che fossero portati a venire a patti con le autorità che dominavano i loro territori, barbari o romani che fossero. L'Impero d'Occidente non era più io grado di garantirli: i nuovi Re invece lo erano e quindi un cambio di sponda, dall'Impero morente ai nuovi potenti era nella natura umana. L'Impero d'Oriente fu in grado, invece, di resistere intatto per altri 150 anni, fino alla marea Araba.

In un certo senso i Romani avevano insegnato ai barbari e questi, in quel particolare momento di debolezza esacerbato dalla comparsa degli Unni, ne approfittarono, sottraendo quelle rendite necessarie al mantenimento di un Esercito in grado non solo di presidiare le frontiere ma anche di eliminare le enclave in Gallia, Spagna e Africa.

Per dirla alla Heather, "tramite un'aggressione illimitata, l'imperialismo Romano fu la causa principale della sua stessa distruzione".

Saturday, October 4, 2008

Liberisti ieri, Keynesiani oggi

Visto che sono impegnato nell'affannosa ricerca di un nuovo lavoro che non includa servitu' della gleba nel contratto probabilmente questo blog ricevera' pochi aggiornamenti per un po' ... Nel frattempo però possiamo dilettarci con la miracolosa metamorfosi degli imprenditori da liberisti sfegatati a keynesiani para-statalisti impenitenti. La ricetta della Marcegaglia è la solita: opere pubbliche commissionate dallo Stato, ossia dai contribuenti ed, in definitiva, visto che di soldi non ce ne sono, con il debito pubblico.

L'unica costante è sempre e soltanto la solita: i profitti a loro, le perdite a tutti gli altri. E non si tratta di essere para-comunisti: si tratta di rispettare le regole piu' elementari della convivenza civile, che valgono sempre e per tutti. 

Ma oramai abbiamo un presidente del consiglio il cui successo segna un esempio nella direzione opposta. Ne "La Repubblica" di Platone (Libro I) tale Trasimaco afferma che la giustizia è semplicemente quello che conviene al piu' forte: una perfetta ingiustizia. Esattamente il nostro caso. E che non si parli di emergenza che tutto giustifica: il casino in cui siamo stati infilati è proprio figlio di tali comportamenti infami. Vi rivolgereste voi al vostro truffatore per aiuto?