Il lavoro di Peter Heather, basato sulle ricerche archeologiche più recenti e le teorie economiche e politiche più moderne affronta uno dei dilemmi più affascinanti: come mai è caduto l'Impero Romano? Era inevitabile? Quali le cause?
Sino ad oggi vi erano due visioni:
- una ideologico-morale, ispirata da Gibbon, in cui (in sintesi) si sostiene che l'Impero si era corrotto moralmente e che il cristianesimo aveva reso i romani delle pappemolli incapaci di resistere alla grinta dei barbari.
- una economico-sociale, secondo la quale la caduta era dovuta all'estrema imposizione fiscale della burocrazia e dell'esercito che, togliendo il pane di bocca ai contadini (l'economia era fondamentalmente basata sull'agricoltura), ha provocato l'impoverimento generale dei lavoratori, con conseguente riduzione della popolazione, aumento dell'inflazione e quindi rendendo insostenibile reggere il sistema (per di piu' incapace di progredire vista l'essenzialita' della schiavitù).
Heather sfata tutti queste assunzioni. L'economia era florida o quantomeno non c'è alcuna prova che si sia impoverita nel V secolo D.C.: anzi, le prove archeologiche segnalano tutt'altro. Dopotutto, è caduto l'Impero d'Occidente ma non quello d'Oriente, nonostante fossero organizzati allo stesso modo.
Esiste, invece, un intreccio di cause. interne che esterne:
Esiste, invece, un intreccio di cause. interne che esterne:
- La nascita della super-potenza Sasanide in Oriente, capace di tenere testa al sistema Romano e che costringe l'Impero ad un impegno massiccio e costante nel tempo in Oriente.
- Il progredire dei Germani, che nel IV/V secolo D.C. erano ben diversi da quelli del I secolo, incontrati da Cesare e Ottaviano: le miriadi di Tribù cedono il posto a super-gruppi molto più capaci di resistere alle pressioni romane. Lo stesso Impero, insomma, provoca una unificazione e consolidamento dell'universo Germanico d'oltre confine.
- La "romanizzazione" dei barbari, che pur non entrando a far parte del sistema politico romano, ne erano comunque indirettamente coinvolti come mercenari o attraverso il commercio.
Vi erano poi motivi interni del sistema del politico romano:
- L'assorbimento delle elite provinciali nella burocrazia imperiale e quindi conseguente centralizzazione di tutto l'apparato di governo che però si deve scontrare con l'arretratezza del sistema di comunicazioni con conseguente lentezza di reazione nei momenti di crisi.
- Di più: la necessità di creare nuovi centri di potere per soddisfare gli appetiti di questo nuovo gruppo di burocrati ed impedire che sobbillassero nell'ombra (la suddivisione dell'Impero quindi non solo come qualcosa di necessario per l'effecienza ma proprio per soddisfare "la sete di posti" delle elite)
- Non dimentichiamo che il tardo Impero ha tutti i connotati di un sistema politico a partito unico: tutto l'aspetto pubblico deve proclamare un senso di unità e di perfezione del sistema. Le differenze (le lotte che divenivano intrighi) si svolgevano dietro le quinte mentre sul palco era presente un Ordine Divino.
- Un sistema costituzionale che regolasse la successione era assente: alla morte di un Imperatore si verificava di solito una guerra civile che provocava vuoti di potere di cui potevano approfittare gli elementi esterni. Un'approccio dinastico non risolveva il problema, visto che spesso salivano al trono giovinetti che rimanevano in balia di tutori (come Flavio Costanzio o Ezio) che dovevano poi vedersela con i loro avversari.
Tuttavia, l'edificio si manteneva. Dalla seconda metà del IV secolo, però, arrivano gli Unni che accelerano il processo di agglomerazione dei Germani e portano ad una concentrazione di nemici alle porte dell'Impero, cosa che la tradizionale politica romana aveva sempre cercato di evitare. Nel 376 -380 prima i con i Goti e poi nel 402-408 con Vandali e Visigoti, l'Impero è costretto ad accettare entro i suoi confini entità autonome: la perdita di rendita è tale da impedire la ricostruzione dell'esercito (che pesava per oltre la metà del bilancio imperiale) che possa riconquistare il territorio perduto.
Le elite romane erano essenzialmente formate da possidenti terrieri: vivevano, cioè, di rendita dei loro grandi latifondi. Era quindi "normale" che fossero portati a venire a patti con le autorità che dominavano i loro territori, barbari o romani che fossero. L'Impero d'Occidente non era più io grado di garantirli: i nuovi Re invece lo erano e quindi un cambio di sponda, dall'Impero morente ai nuovi potenti era nella natura umana. L'Impero d'Oriente fu in grado, invece, di resistere intatto per altri 150 anni, fino alla marea Araba.
In un certo senso i Romani avevano insegnato ai barbari e questi, in quel particolare momento di debolezza esacerbato dalla comparsa degli Unni, ne approfittarono, sottraendo quelle rendite necessarie al mantenimento di un Esercito in grado non solo di presidiare le frontiere ma anche di eliminare le enclave in Gallia, Spagna e Africa.
Per dirla alla Heather, "tramite un'aggressione illimitata, l'imperialismo Romano fu la causa principale della sua stessa distruzione".
Le elite romane erano essenzialmente formate da possidenti terrieri: vivevano, cioè, di rendita dei loro grandi latifondi. Era quindi "normale" che fossero portati a venire a patti con le autorità che dominavano i loro territori, barbari o romani che fossero. L'Impero d'Occidente non era più io grado di garantirli: i nuovi Re invece lo erano e quindi un cambio di sponda, dall'Impero morente ai nuovi potenti era nella natura umana. L'Impero d'Oriente fu in grado, invece, di resistere intatto per altri 150 anni, fino alla marea Araba.
In un certo senso i Romani avevano insegnato ai barbari e questi, in quel particolare momento di debolezza esacerbato dalla comparsa degli Unni, ne approfittarono, sottraendo quelle rendite necessarie al mantenimento di un Esercito in grado non solo di presidiare le frontiere ma anche di eliminare le enclave in Gallia, Spagna e Africa.
Per dirla alla Heather, "tramite un'aggressione illimitata, l'imperialismo Romano fu la causa principale della sua stessa distruzione".
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